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02. ORIGINI

Quando una storia inizia, personale o collettiva, non si sta sull’offensiva o sulla difensiva: ci si mette in gioco, si entra in campo per confrontarsi, per avere uno o più interlocutori, per giocarsela, insomma, ad armi pari con l’altro, l’altra, gli altri. Il momento stesso in cui la storia inizia i retropensieri e i giudizi sono lontani miglia dal punto in cui avviene l’evento, perché bisogna fare spazio all’eventuale, all’insieme di procedure che consentiranno di far sì che l’avvenimento prenda corpo, si animi, stia in un luogo, abbia il tempo che ci vuole per esser tale. Dal mio privilegiato punto di osservazione ho letto testi, documenti e visto fotografie che mi consentono serenamente di affermare che la storia locale del Brass Group di Palermo è nata così: un dono alla città, un’offerta alla generazione di utenti che per ascoltare jazz doveva aspettare iniziative private o offerte sensazionali come i festival denominati POP. Bisognava esser matti, non lo si può escludere, per intraprendere un’azione così decisiva: Palermo era stata fino a quel momento patria di altra musica, e dunque di altri presìdi con concezioni radicali inamovibili. Il nocciolo duro di questa ortodossìa non vide di buon occhio l’iniezione di jazz in città e nemmeno diede troppo peso alla vicenda: era una delle tante iniziative, come altre, destinate a morire dopo qualche fuoco fatuo.

Le schermaglie iniziarono nel 1976. Da una parte il Brass si rafforzava con l’inserimento in compagine di non musicisti con competenze di supporto, dall’altra emergeva un giudizio netto di sfere abbottiane che vedevano il virus avanzare e bisognava porre rimedio. Non sono palermitano (lo sottolineo, perché sia chiaro che la mia ignoranza di tempi vissuti pericolosamente non può supplire la prudenza che si dovrebbe avere nel parlare di queste vicende) e da questo punto di osservazione terzo, come il generale Augereau ad Arcole, ho l’impressione che gli eserciti si siano mossi su un territorio già derelitto (la politica collusa, l’espansione selvaggia di quartieri, le azioni di mafia) per combattere una guerra di sfinimento, da una parte, e di posizione, dall’altra. Non una guerra tra poveri – visto che una parte aveva posizioni consolidate da un quarto di secolo, e più – ma un tentativo di svilire aggredendo silenziosamente fronti diversi. La guerra non si è mai conclusa, qua è là si accendono focolari e si spengono possibilità, ma la visione iniziale dei primi fondatori rimane chiara: il jazz è il lunguaggio che esprime desideri e convinzioni del XX secolo, va difeso alla stregua delle Avanguardie e del Romanticismo. Per questo motivo è nato il Brass, per questo resiste.

(Domenico Cogliandro)

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